Barbara Fabbroni
Patrizia Pellegrino è una donna molto affascinante, colta e determinata. Si è innamorata del teatro andando a vedere con i suoi genitori una commedia di Walter Chiari, aveva solo 13 anni. Così disse a sua madre: “voglio fare l’attrice”. Patrizia Pellegrino, napoletana verace, donna dalle mille virtù si racconta e ci racconta dei suoi tanti successi, del suo amore per la vita, i figli, il compagno e il suo lavoro.
Cara Patrizia, sei super attiva nei tuoi profili social, il lavoro ti sta occupando molto tempo: potremmo dire che è un periodo molto intenso?
È vero! Mi piace il mio lavoro, sono curiosa e ho voglia di fare e sperimentare tante cose.
C’è qualcosa di emozionante che sta arrivando a breve?
Sono emozionata per un lavoro letterario che a breve uscirà in tutte le librerie.
Interessante, ci racconti di più?
È la mia autobiografia, costruita e scritta con tanto amore. È un lavoro emozionale.
Che cosa intendi con: “lavoro emozionale”?
È stata come una lunga seduta psicanalitica. Capisci?
Posso capire … un lavoro introspettivo?
Sai quando racconti le cose belle, le cose brutte, i lutti che ti lacerano il cuore come la perdita di mio padre, del mio bambino. Il libro è un insieme di tante cose che mi hanno molto provata.
Perché hai voluto scrivere un’autobiografia?
Ho voluto scrivere questa fotografia per metterla a disposizione delle persone che stanno soffrendo, per far capire loro che c’è sempre un modo di sopravvivere al dolore.
Direi un regalo stupendo per chi vorrà leggerlo. Veniamo al tuo lavoro: che cosa stai facendo in questo momento?
Sto progettando molte cose, ma non le dico perché sono molto scaramantica. Ne parlerò nel momento in cui sarà tutto definito e realizzato.
La tua autobiografia non è il tuo primo lavoro editoriale?
C’è stato un lavoro precedente, un libro che ha avuto un enorme successo. Il libro s’intitola: “Per avere Gregory”.
Una storia senza dubbio appassionante e molto intensa?
Racconta il percorso che ho fatto per avere il mio primo figlio adottivo: Gregory. È stato un viaggio intenso, difficile ma coronato da un amore infinito. Gregory era un bambino, l’ho amato da subito. Pensa al momento dell’adozione stavo aspettando Tommy. In questo libro ho raccontato l’iter che ho dovuto percorrere non solo a livello sociale ma anche burocratico ed emotivo. È stato un libro di grandissimo successo. Le persone erano curiose di capire come fare per l’adozione. Molte coppie mi scrivevano raccontandomi che grazie al libro avevano compreso come si poteva fare per l’adozione tanto che in seguito sono riusciti a diventare genitori adottivi. Con i tuoi lavori tocchi sempre temi sociali importanti arrivando dritta al cuore del tuo lettore?
Non solo. Cerco di mettere nei miei lavori l’anima, la speranza, la determinazione, il coraggio, la forza nella speranza che sia un esempio da prendere per combattere e proseguire il cammino della vita nonostante le tante difficoltà.
Che cosa ti ha insegnato Gregory?
L’insegnamento di un bambino adottivo è un insegnamento molto importante, mi ha dato quella forza, quel desiderio di diventare mamma che è stato espresso. Ero più calma, più consapevole. Hai la capacità di far diventare una grande risorsa i momenti di dolore e buio, come se poi diventassero la tua strada maestra?
La forza me la dà, forse Dio, perché io credo in Dio. Non sono una persona che tutte le domeniche va in chiesa. Quando ci vado sento una grande pace, stare in chiesa, ascoltare la messa mi dà molta serenità. Credo in Dio, credo nei Santi. Sono devota sia a Padre Pio sia a Madre Teresa di Calcutta, due figure che danno senso e motivazione alla mia fede. Credo di aver anche ricevuto un miracolo da Padre Pio.
Un miracolo da Padre Pio, a che cosa ti riferisci?
Dopo Tommy è nata mia figlia Arianna. La bambina ha avuto dei grossi problemi, credo che Padre Pio mi abbia dato la forza di superare il periodo doloroso e faticoso a seguito della malattia di mia figlia.
Che cosa è per te la sofferenza?
Penso che solo nella sofferenza si può essere migliori, perché se tutto ti va bene nella vita, rimani una persona un po’ superficiale. I grossi dolori ti fanno comprendere e apprezzare tantissime cose della vita e delle relazioni.
Sei anche molto attiva nei social, che cosa pensi di questo strumento comunicativo?
C’è un grande dibattito su questo tema, perché a volte non vengono utilizzati come si dovrebbe. Come dovrebbero essere utilizzati i social?
Prima di tutto i social non devono essere spazio per critiche, giudizi e attacchi gratuiti. Bisogna comprendere che ogni persona ha la sua natura, il suo essere e i suoi limiti. Purtroppo, nei social c’è solo voglia e desiderio di giudicare mai di comprendere. Il giudizio non è costruttivo porta sofferenza e dolore per chi lo riceve. Tutti quanti noi abbiamo una parte positiva e una negativa, siamo persone in cammino e a volte commettiamo involontariamente degli errori. Quindi, prima di giudicare, guardiamoci prima dentro e vediamo che anche noi abbiamo dei limiti, non siamo perfetti. Sai come diceva Gesù: prima di scagliare una pietra, guardati dentro, guarda quello che hai dentro di te.
Invece?
Siamo troppo arrabbiati. Forse il periodo del Covid ci ha profondamente trasformati, ci ha allontanati dalla realtà e dalla bontà quotidiana che dovremmo avere verso il prossimo.
Hai trascorso una bellissima estate tutta raccontata nei social: lavoro o piacere?
Ho voluto dedicare del tempo ai miei figli, al mio compagno alleggerendo i tanti impegni di lavoro. Ho dedicato un tempo anche a mia madre, siamo state ad Ischia ed è stata una vacanza bellissima. È importante passare del tempo con i propri genitori, anche se siamo adulti. È un tempo e un incontro significativo che rinnova l’amore e l’affetto che ci lega in maniera indissolubile.
Quanto ti manca Napoli?
Tantissimo, è la mia città. Quando posso corro a Napoli per gustarmi ogni suo angolo, ogni sua emozione: è la città più bella del mondo. Napoli è unica. Trovi tanta storia, arte e cultura, c’è un calore umano che ti accarezza, la buona cucina, insomma è perfetta.
Tornerai a Teatro?
Si ad aprile con una bellissima pièce teatrale: Donnacce di Gianni Clementi al Teatro Manzoni per la regia di Luca Pizzurro. C’è un cast incredibile: Fioretta Mari, Blas Roca Rey e naturalmente ci sono anche io!
Qual è la trama?
È una pièce irriverente dalle battute fulminanti ma anche ricca di suspance e di umanità che ha come protagoniste due “donnacce”, ovvero Tullia, detta Sofia Loren, e Tindara, detta Occhibeddi: due signore di mezza età, che hanno dedicato gran parte della loro vita alla pratica della professione più antica del mondo. Ora convivono in un appartamento della periferia romana e la crisi ormai si fa sentire anche per loro. Il mercato è inflazionato da rampanti ragazze dell’est, procaci sudamericane e richiestissimi trans brasiliani ed è per loro arrivato il tempo di andare in pensione a partire da una meritata vacanza in una località esotica.
È tarda sera. Tullia e Tindara stanno mettendo le ultime cose in valigia in attesa del taxi per l’aeroporto, quando sul balconcino dell’appartamento piomba un uomo, seminudo e decisamente su di giri, che si è calato dall’appartamento sovrastante. Il misterioso personaggio promette alle due donne una grossa cifra di danaro in cambio del loro aiuto. Da lì tutto cambierà in modo inaspettato e definitivo.
Progetti?
Tanti, tantissimi ma come ti ho detto ne parleremo a tempo debito.
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