di Barbara Fabbroni
Sono onorata, come psicoterapeuta clinica e giornalista, di poter fare questa intervista a Claudia Rizzo. Claudia con il suo lavoro, denso della sua cifra significante, in quanto attraversa il vissuto e la vita vissuta di una terra che lei ama, la sua Sicilia, ci regala qualcosa di unico. “Senza sciatu” ha stimolato in me emozioni dense di Pathos e Thanatos. Di là dalla caleidoscopica interpretazione che possiamo fare del suo lavoro emerge la donna e il suo amore immenso per l’arte. È proprio nel suo essere-nel-mondo che si può rintracciare il mistero, il messaggio e al tempo stesso la declinazione delle sue origini che diventano testimonianza di parola.
Così nel suo lavoro, regala al pubblico una pellicola e una canzone, un album e infinite emozioni, che prendono vita da un territorio attraversato negli anni da tante popolazioni, meta momentanea un tempo anche del viaggio ulissiano. Come Ulisse, anche Claudia, ha nel cuore la sua Itaca, la sua terra: la Sicilia. È proprio alla sua Sicilia che dona un tributo immenso e denso della sua cifra misterica, storica e culturale.
Le equazioni che emergono guardando, ascoltando, sviscerando, assaporando, riflettendo sul suo lavoro, impongono rispetto e attenzione, riflessione e coinvolgimento, partecipazione e passione. Sono almeno due, allora, i punti salienti di quest’opera così significativa. Il primo appartiene alla vita stessa, al significato e al significante dell’essere-nel-mondo, al rapporto interumano, al mondo-di-fuori; l’altro è, di riflesso, ma neanche tanto di riflesso, il rapporto con sé stesso, con il mondo-di-dentro.
Quello che si evince dalla narrazione musicale e artistica dell’opera sono le tracce di una persona, di una terra, le impronte della sua vita intrecciata e intessuta all’interno di una sceneggiatura spesso non scritta ma accaduta che abbraccia la Sicilia. Claudia Rizzo sembra interessata a proporre un viatico trasversale, oscillante tra ciò che è stato detto, ciò che si reperisce dal vissuto e ciò che potremmo ipotizzare ancora e stimolare come ricerca ulteriore. Intervistando Claudia ci rendiamo conto della sua potenza artistica che fa di lei uno snodo importante nel panorama dell’arte e non solo.
Cara Claudia, sono così emozionata, ho visto il tuo video mi sono commossa: un vero capolavoro. Un video che ha toccato parti profonde di me, grazie. È un vero onore poter fare questa intervista con te.
Sai, è stata una cosa intensa anche per noi che l’abbiamo vissuta. È un lavoro che abbiamo pensato, voluto, dove abbiamo messo energie e cercato di trasmettere le emozioni che vivono all’interno di noi. Un lavoro che abbiamo meditato, pensato non è nato casualmente dall’oggi al domani. Ogni cosa è stata studiata creando la giusta dimensione affinché la sicilianità che è parte integrante di tutto il nostro team avesse una narrazione intensa e soprattutto autentica.
Tu sei una cantautrice siciliana e non solo: quanto è importante l’amore per la propria terra, la radicalità alle proprie origini?
Una parte della mia vita è stata vissuta fuori dalla Sicilia, ho studiato, mi sono formata e ho fatto varie esperienze lavorative e formative. Poi, sono tornata in Sicilia, ne sentivo la necessità, come se la mia terra mi chiamasse così ho aperto un centro multi-multidisciplinare per lo spettacolo, che si chiama: Le Muse. La pandemia mi ha offerto uno spazio di riflessione significativo, durante il lockdown mi sono detta: “perché non fare davvero quello che vorrei fare, che voglio fare, che è parte della mia anima, del mio sentire?”.
Una bella sfida?
L’arte, in ogni sua declinazione, ci permette di incontrarci incontrando l’altro, ci apre al possibile così che le emozioni si traducono in sensazioni creando un’immagine, un suono, una narrazione.
Così ho fatto una cosa tutta mia, un progetto con le persone con cui sento empatia, insieme viaggiamo sulla stessa onda armonica di emozioni, pensieri e sensazioni. Dentro al mio progetto ci sono più professionalità che si fondono insieme creando un corpo unico.
Il video del tuo ultimo lavoro è parte di questo insieme?
Sono anche un’attrice, quindi unire recitazione, musica, parole e danza all’interno del cilindro della creatività è per me l’assoluto. Con il video, che è più un cortometraggio, ho voluto raccontare una storia, far toccare le corde profonde della sicilianità affinché nulla vada perso ma resti come memoria, emozione e passione.
Amore, passione, storia, emozione e cultura sono ingredienti che non mancano nel tuo lavoro?
Tutto si amalgama con empatia come se fosse una sorta di ritualità di una storia che permea l’anima dell’altro, aprendo un territorio tutto da scoprire e assaporare, da vivere e ricordare.
Quali gli aspetti salienti si rintracciano nel cortometraggio dal sapore felliniano?
Oltre alla sicilianità che è il fulcro su cui tutto ruota e ritorna, c’è l’amore per la propria terra, non quello scontato che riempie la bocca ma l’amore antico, catartico, misterico, che non si spiega a parole ma solo vivendo e vivendoci perché è grazia e mistero, passione e desiderio, forza e smarrimento, determinazione e coinvolgimento, in una sola parola è: vita. Il tutto accarezzato da una Sicilia antica, un idioma antico che è poetico, che è suggestione, benedizione e maledizione, come se il pieno e il vuoto diventassero un corpo unico.
La sensazione è come se ci fosse una lotta tra Eros e Thanatos?
Sì, sì, assolutamente. È l’aspetto simbolico, immaginifico. Non so come dire, l’immagine dei conflitti, scomposta che fa emergere il desiderio. Il desiderio di cambiamento, di trasformazione. Per me la Sicilia è questa: suggestione, storia, appartenenza, tradizione, essenza, corpo e anima. Inoltre, c’è l’influenza Pirallendiana che si respira e che appartiene all’anima della Sicilia come se fosse un corpo unico.
Riemerge la radicalità e il possibile che si ritrova in “Uno, nessuno e centomila”?
C’è la possibilità di liberarsi dalle catene, facendo uscire fuori la propria essenza, la propria personalità e la declinazione della propria esistenza.
E poi lo sguardo?
Lo sguardo è la finestra attraverso cui puoi contattare l’anima dell’altro in uno scambio vicendevole di parole ed emozioni, di sensazioni e ricordi, di ascolto e possibilità anche di là dalla parola. Nello sguardo degli altri le persone comprendono la tua nuova dimensione, una tua nuova energia.
Ho guardato il cortometraggio in due maniere diverse: la prima completa, la seconda togliendo l’audio scoprendo che se guardi entri all’interno di un territorio diverso da quando è completo con la musica e le parole. Credo che senza audio tocchi corde più profonde, non credi?
Ne parlerò pure con il videomaker. Il video ha una sua valenza cromatica ed espressiva che ha una sua propria forza comunicativa intrinseca. È un’opera tutta da scoprire con diversi livelli di lettura. Lascia, infatti, spazio all’immaginazione.
Forse è la psicoterapeuta che è in me, però mi son detta: “questo è un viaggio introspettivo. Lo stesso viaggio nel ‘fare anima’ di Hillmeriana memoria”, non credi?
C’è l’andare a scoprire quelle nicchie interiori di sé attraverso l’immagine senza parola. Come ci siamo dette è un viaggio, un percorso, un viatico intimo. La Sicilia è una terra di confluenze, più popoli l’abitano da tempo, risente di influenze bizantine e non solo. Quindi la magia sta anche in questo: un’essenza nell’essenza.
Una curiosità per me che non sono siciliana, la parola “sciatu” cosa significa?
Sciatu la traduzione letterale è fiato, però qui ho un significato più denso, è la vitalità che ti lascia senza fiato, che ti toglie il respiro. È un idioma antico e ci dà quei significati di linguaggio radicali e antichi.
Vengo all’ultima domanda di rito: progetti 2023?
Non so se ci sarà un nuovo album, però sicuramente ci sono molti progetti, tra cui un film. Come ogni cosa è giusto parlarne a tempo debito.
Vuoi aggiungere altro?
L’unica cosa che potrei aggiungere è che mi auguro ci sia un minimo di empatia nel portare avanti questo progetto, spero di far comprendere al pubblico l’importanza di questo nostro lavoro che nasce dalla passione, dal bisogno di scoprire, dalla curiosità e dall’amore per la propria terra madre.
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