La musica è passione, essenza ed esistenza. Vivere di musica è per un musicista la meta più ambita e ricercata, il luogo magico dove approdare, scendere a terra e iniziare il viatico artistico come se fosse la traccia magica di un sogno che conduce verso la felicità.
Phebo ci insegna che la vita è passione, sogno, determinazione, sfida, volontà. La vita è un tempo ristretto di cui non conosciamo la scadenza che va assaporata e vissuta con cura. Lui ci insegna ad andare oltre la nostra esistenza fatta di inutili apparenze, in cui rischiamo di perderci. Phebo canta la voglia di perdersi, al contrario, in un mondo fuori dal tempo comune. Un mondo in cui si riesca a sognare di volare, senza rincorrere sempre quello che non ci appartiene: la felicità è già in ciò che abbiamo. Phebo cita Heidegger e questo mi invita ad argomentare un itinerario virtuoso dove l’essere nel mondo si coniuga e declina nel significato denso della sua cifra esistenziale di mondo e di persona. L’essere nel faccia-a-faccia tra persona-e- persona come ben ci dice il filosofo ci fa incamminare in quel sentiero della vita autentica di cui l’umana natura ha un bisogno infinito. “La storia del tempo perduto” è un confronto tra un tempo passato, più sociale, e quello di adesso, più social. “Volevo raccontare l’abuso che facciamo di questi, dove i contatti vengono scambiati per amici e si perde la vera interazione”, dice Phebo. In fondo, “il linguaggio è la casa della verità dell’essere (M. Heidegger)”. Il linguaggio di Phebo nelle sue canzoni cerca di tradurre la cifra dell’esistenza nella sua verità esistenziale regalando uno spazio alchemico per riflettere. Poiché “il linguaggio è la casa dell’essere e nella sua dimora abita l’uomo(M. Heidegger)”. Phebo in questo nostro incontro mi ha permesso di accedere alla casa del suo essere profondo e intenso, di questo gli sono grata poiché ogni vita vera è incontro.
Chi è Phebo?
Sono una persona che dedica, a tutto tondo, il suo tempo alla musica. La musica è la mia compagna di viaggio sin da quando ero ragazzo. Sono cresciuto con i miei zii che erano musicisti. Da sempre ho avuto la passione per gli strumenti musicali, per la musica in genere. Sin da piccolo sapevo che la mia strada era quella del musicista, tutto è accaduto in maniera spontanea. Pensa che da bambino preferivo suonare il mio strumento piuttosto che scendere in cortile a giocare con il pallone.
“La storia del tempo perduto” cosa racconta?
È un po’ il confronto tra le generazioni. Il messaggio che ho voluto dare, parlando proprio del tempo perduto, si riferisce a quelli che erano, per me, gli anni belli, dove c’era più rapporto sociale e meno rapporto social. Ho cercato di mettere a confronto questi due periodi. Non voglio puntare il dito contro quello che può essere il mondo digitale e virtuale però bisogna sempre farne buon uso, perché l’abuso di ogni cosa ne distorce il senso e l’utilità di uno strumento. “La storia del tempo perduto” parla di questo e mette a confronto gli anni ’90 con l’oggi. Nel videoclip c’è anche una pillola proiettata nel futuro.
Dove è nata l’ispirazione di scrivere questo brano?
Era una serata normalissima a cena tra amici in un ristorante. Ho posto l’attenzione su quanto oggi siamo abituati a vedere persone con la testa bassa sullo smartphone, sebbene siano al tavolo con altre persone. Spesso, anche le coppie preferiscono guardare il cellulare invece di parlare. Rendermi conto di questo, mi ha acceso un campanello d’allarme. Se ci pensi bene WhatsApp è il nostro alter comunicativo. Le relazioni sono profondamente trasformate eppure basterebbe poco: alzare gli occhi e parlare. Invece, si crea una relazione con lo smartphone piuttosto che con gli amici a cena. Quanti genitori danno lo smartphone o il tablet a bimbi piccoli purché stiano buoni, così per un paio d’ore stanno zitti. I bimbi prima socializzavano, andavano al parco, si divertivano, interagivano con i coetanei. Oggi è tutta un’altra storia.
E la Gen Z?
Sai cosa credo?
Dimmi?
Tutto dipende da una buona educazione. Bisogna saper dosare un po’ di tutto qualunque sia la generazione, la crescita delle persone, il tipo di percorso che un individuo fa. Possiamo parlarne all’infinito! Poi sai cosa c’è: tendiamo a paragonare sempre con quello che abbiamo vissuto in prima persona, ma i tempi cambiano, si modificano, sono in continua evoluzione. Io a esempio, faccio determinati discorsi con mio nipote e giustamente, dai suoi diciott’anni certe cose non le capisce.
Lui è la generazione Z a pieno titolo?
Tant’è che mi dice: “che stai a dire?”, quindi chiaramente quello che racconta un falso sono ai suoi occhi io. Per loro è normalità e noi nella loro normalità non ritroviamo noi stessi.
Il tempo che cos’è?
Il tempo è un gran dono e dobbiamo saperlo sfruttare al meglio. Non voglio fare il buon samaritano, nel senso che noi abbiamo a disposizione un tot di tempo, non sappiamo quanto, che è chiamato vita. Certo il fatto che io possa svegliarmi la mattina ed essere, comunque vada, positivo è già una fortuna. Tutto ciò riflette in questo brano. Nel testo sottolineo che non è tutto così scontato. Anche un abbraccio non è scontato e dobbiamo gustarcelo. Come ti dicevo nessuno sa quanto tempo ha a disposizione, per questo dobbiamo sfruttarlo al meglio facendo cose che nutrono e soddisfano, non va mai sprecato un solo attimo.
Quanta storia di vita c’è in ogni persona?
Ogni persona ha la sua storia, io ho la mia, tu hai la tua, e questo ci porta ad essere unici, speciali.
La nostalgia perché è così incisiva nelle persone?
Qualche giorno fa mi è capitato di ritrovare una vecchia foto, ecco lì ho provato nostalgia. Era una foto scattata sotto casa con mia sorella, è stato un attimo. Oggi la nostalgia che mi ha stimolato quella foto è legata a quel periodo nel momento in cui lo stavo vivendo. Era un momento, l’attimo raccolto da quella foto, mi ha riportato alla mente quando ero un ragazzo, l’ingenuità di quel tempo e forse anche meno responsabile, più leggero. Si viveva in maniera molto più leggera. Credo che la nostalgia venga perché vorresti tornare a quei momenti, ma non è possibile. Ti fa riflettere con più maturità su ciò che avresti fatto, sulle scelte prese e allora dici: ma che bello che era. È bello pensare anche agli errori fatti in passato, a quello che hai vissuto all’epoca consapevole del fatto che oggi lo faresti in maniera diversa.
Entusiasmo e passioni come si coltivano?
Entusiasmo e passioni vanno di pari passo rispetto a un progetto sia lavorativo sia di vita. La musica è sia il mio lavoro sia la mia passione, perché per me è vita, è la mia vita. Per avere entusiasmo bisogna sempre avere stimoli di cose nuove, essere curiosi. Io, per carattere, non sono una persona che si culla, voglio sempre scoprire cose nuove. Sono un cantautore, ma amo approfondire, cercare, scoprire. L’entusiasmo è questo: è saper approfondire, non fermarsi, non cullarsi.
La felicità che cos’è?
La felicità è sapersi accontentare di quello che si ha. Spesso la cerchiamo in situazioni impossibili senza renderci conto di quello che abbiamo, lo diamo per scontato, non ci poniamo attenzione. Così rincorriamo chimere irraggiungibili e siamo eterni insoddisfatti.
Chi è il tuo pubblico?
Il mio pubblico sono le persone che capiscono ciò che voglio fare con la musica.
Ovvero, che cosa vuoi fare con la musica?
Voglio trasmettere i miei testi. Spesso incontro persone che mi fermano per strada e mi dicono che ascoltando la mia musica si sono rivisti perfettamente nel testo. Ecco, per tornare alla tua domanda, il mio pubblico è questo! Io metto la mia musica a disposizione degli altri. L’arte in generale è fatta per gli altri. Non scrivo canzoni per farle rimanere mie. Oggi, purtroppo, siamo abituati a canzoni leggere, facili. La mia è una musica e parole da ascoltare che fanno riflettere che stimolano pensieri ed emozioni.
Con la tua musica regali una favola?
Regalo delle favole. Desidero che ogni mio brano sia una favola differente. Ho scritto e scrivo sogni che sono proiezioni di una favola. La favola è un sogno. Non ci costa nulla. È bello sognare. Con “La storia per tempo perduto” ho voluto con il videoclip far diventare la canzone una sorta di colonna sonora, un racconto dove il messaggio è stato messo sotto forma di favola.
Ma tu sogni mai?
Io sogno spesso, sono un sognatore a tutto tondo. Inseguo il mio sogno da anni, in parte l’ho già realizzato: riuscire a vivere di quella che è la mia passione. Vivo di musica ormai da 26 anni, a differenza di tanti colleghi, tante persone che come me hanno iniziato ma non riescono a fare solo questo nella vita. Mi sento un privilegiato, un sognatore. Il sogno è collegato al mio essere musicista. Volevo dirti: mi fai delle domande bellissime che alla fine si collegano l’una con l’altro. Grazie, grazie davvero.
Grazie a te! Progetti futuri?
In primavera uscirà un brano, in realtà è già pronto. Andrà ad aggiungersi ad altri cinque brani. In quel brano mi giocherò una carta che in molti la ritengono scontata.
Quale carta?
La carta della semplicità, voglio che la prossima canzone arrivi diretta nella testa, nel cuore delle persone, in maniera più semplice possibile.
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