Un’ordinanza regionale chiude le chirurgie pubbliche trasferendo gli interventi nelle cliniche Covid, l’emergenza favorisce la sanità privata

“Emergenza Covid, un allarme che ha favorito un ridisegno la mappa della spedalità privata del Lazio e non solo. Con l’andazzo che stanno prendendo le cose si dimostra ai cittadini che la sanità pubblica in questo momento non è più in grado di assisterli”.Lo dichiara il presidente di AssoTutela, riferendosi ad alcuni atti regionali che sanciscono la supremazia delle strutture private accreditate e non. “Il problema principale si proporrà quando tutto questo sarà finito perché non siamo sicuri che i cittadini, ormai fidelizzati con il privato, tornino a farsi assistere dalla sanità pubblica. Un modo come un altro per distruggere definitivamente un settore che già si trovava in agonia”, aggiunge il presidente. Sotto accusa la disposizione G12910 del 3 novembre scorso, firmata da Nicola Zingaretti che, secondo Maritato “parla chiaro, stabilendo di privilegiare rapporti di collaborazione tra aziende, enti del servizio sanitario regionale e strutture sanitarie private per l’ospitalità dei percorsi chirurgici no Covid-19. Ci chiediamo – insiste Angela Leonardi avv.di Assotutela– se sia possibile o meno ospitare nei reparti chirurgici malati senza verificare l’esistenza sulla applicazione di disposizioni di sicurezza pubblica e di rispetto dell’igiene ambientale. Fra l’altro, chi ci garantisce la sicurezza per le équipe mediche degli ospedali pubblici, impegnate negli interventi presso i privati?”. Tutto fa capo all’ordinanza numero 65 del 5 novembre, con cui il presidente della Regione Lazio ha disposto la chiusura delle chirurgie per adibirle all’assistenza ai contagiati da coronavirus. “La politica sanitaria perseguita dalla Regione – chiosano Leonardi e Maritato – produrrà effetti devastanti sulla tenuta del sistema sanitario pubblico che si vede togliere attività specialistiche chirurgiche di importanza vitale, spostandole, nel silenzio totale, nelle cliniche private, senza avere nessuna idea di quanto questo costi alle casse pubbliche”

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