di Emanuela Maria Maritato
Il contagio da COVID-19 in occasione di lavoro è considerato infortunio con diritto, pertanto, del lavoratore alla relativa tutela prevista dall’INAIL. Lo stabilisce l’articolo 42, co. 2 del DL 18/2020 (Decreto Legge “Cura Italia”) approvato dal consiglio dei ministri per il contrasto all’emergenza epidemiologica. In tal caso il lavoratore ha diritto alle tutele Inail anche per il periodo di quarantena, mentre al datore di lavoro l’evento non è considerato nell’andamento infortunistico ai fini del calcolo dei premi assicurativi (bonus/malus).Il decreto legge stabilisce che nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro (concetto che, come noto, abbraccia sia il contagio avvenuto sul luogo di lavoro sia nel tragitto casa-lavoro e, in generale, a tutto ciò che sia accessorio o connesso con il lavoro sia pure accidentalmente), l’interessato possa conseguire le le prestazioni economiche previste dall’Inail. In tal caso il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato (es. indennità giornaliera per inabilità temporanea; la rendita per l’inabilità permanente; la rendita ai superstiti, eccetera).Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. Il decreto prevede, inoltre, che i predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. Ciò significa che non ci sarà un aumento dei premi assicurativi per i datori di lavoro (sia per i primi due anni di attività sia per gli anni successivi ai primi due anni). La misura in discussione, è prevista esclusivamente ai lavoratori, pubblici e privati, iscritti, in ragione della loro attività, alla medesima assicurazione INAIL (restano esclusi gli autonomi).L’articolo 26 del DL 18/2020 prevede, inoltre, che il periodo trascorso in quarantena, con sorveglianza attiva e/o in permanenza domiciliare fiduciaria (per i casi in cui l’esposizione al rischio contagio non è causato in occasione di lavoro), è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico e non è computabile ai fini del periodo di comporto (periodo di malattia durante il quale non si può essere licenziati). Al ricorrere di questi casi, il medico curante è tenuto a redigere il certificato di malattia per i relativi periodi indicando gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena.L’equiparazione riguarda solo i dipendenti del settore privato (per i dipendenti pubblici una analoga misura era stata già adottata ai sensi dall’articolo 19 del D.L 2 marzo 2020, n. 9). E’ introdotta poi, una sorta di «sanatoria» per i certificati trasmessi prima dell’entrata in vigore della nuova norma, ritenendoli validi anche in assenza del provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica. Quest’ultimo non è necessario neppure nei casi in cui il lavoratore si trovi in malattia accertata da Covid-19.La nuova tutela di malattia non comporta oneri a carico dei datori di lavoro né dell’Inps che eroga l’indennità di malattia, in quanto il costo va sulla fiscalità generale seppure fino alla spesa di 130 milioni di euro. Raggiunto il limite, anche in via prospettica, non è più riconosciuta la tutela.Una ulteriore disposizione prevede che a favore dei dipendenti pubblici e privati, disabili gravi la possibilità di restare a casa fino al prossimo 30 aprile 2020, equiparando il relativo periodo di assenza dal lavoro a ricovero ospedaliero. La norma riguarda i lavoratori che rientrino in una delle seguenti condizioni: 1) soggetti a cui sia stata riconosciuta una disabilità con connotazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104; 2) soggetti in possesso di certificazione, rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della citata L. n. 104.
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