Fondato nel 1960 da Walter Zappolini e Franca Bartolomei, il Balletto di Roma è una realtà consolidata e di avanguardia nel campo della danza italiana coniugata con il panorama internazionale.
La redazione di VentoNuovo è lieta di intervistare il musicista Luciano Carratoni, nonché il Direttore generale che, da più di vent’anni di attività, porta avanti un percorso di vita e professionale per tantissime generazioni di artisti. In quest’intervista ci racconta le peculiarità del Balletto e l’importanza della cura e dell’attenzione rivolta ai giovani che si affacciano in questo mondo, affidando il loro sogno nelle mani della scuola per portarlo a compimento.
Da musicista a Direttore Generale del Balletto di Roma: com’è avvenuto questo passaggio?
“Nella mia carriera da musicista mi sono avvicinato man mano al progetto dello spettacolo dal vivo in termini interdisciplinari, includendo il mondo della danza e anche tutte le discipline ad essa connesse. Direi che è stato un passaggio graduale. Sono approdato al Balletto di Roma circa 25 anni fa, infatti quest’anno compio 25 anni di attività e, nello stesso tempo, il Balletto celebra i suoi 65 anni di attività perché è nato nel 1960”.
Qual è la sua visione artistica?
“Ho sempre cercato di sposare la tradizione con l’innovazione. Il Balletto di Roma offre basi solide dal punto di vista della formazione classica che si evolve in termini di sguardo sia verso il futuro sia verso le nuove generazioni, allargando tutte le possibilità di inclusione degli stili, delle metodologie e di tutto ciò che concerne lo studio e la conseguente applicazione della danza. Manteniamo tutto ciò che la storia ci lascia ma nello stesso tempo cerchiamo di svilupparla”.
Quindi dal punto di vista pedagogico ritiene che sia importante l’apertura verso il passato e la sua coniugazione con i cambiamenti del tempo presente…
“Sì perché i quadri formativi, per quanto riguarda la scuola, ricalcano questo tipo di asset: si parte dalla tradizione dello studio della danza classica e, man mano, si guidano gli studenti – che iniziano da bambini – al conseguimento dei corsi di avviamento professionale, per arrivare all’inserimento dei casi più eccellenti anche nella stessa compagnia dei professionisti”.
Durante il lockdown il Balletto di Roma si è distinto per la prontezza nell’utilizzo di una strumentazione didattica basata sull’online. Quali sono stati i cambiamenti che avete attuato?
“In quel tragico momento siamo stati i precursori – in termini di accelerazione – delle modalità di insegnamento online perché avevamo già tutti gli asset tecnologici pronti per poter offrire la metodologia attraverso i canali di rete da remoto. Questa possibilità ci ha permesso di mantenere solida l’intera struttura. Dal lockdown siamo usciti più forti di prima perché abbiamo avuto un forte cambiamento positivo grazie a questo tipo di supporto che ha aiutato tutti coloro che in quel momento sarebbero stati chiusi in casa senza nessun tipo di formazione. Siamo riusciti a continuare il lavoro brillantemente grazie alla nuova tecnologia”.
Come sono i vostri rapporti con il panorama della danza internazionale?
“Noi in questo momento siamo molto proiettati verso il mercato internazionale, soprattutto quello orientale. Infatti quest’anno torniamo in Cina per la terza volta. Siamo stati i primi a riaprire molti teatri in Cina dopo la loro chiusura dovuta al lockdown ad esempio. Poi siamo tornati lì nel 2024 e torneremo quest’anno. Stiamo lavorando su una proiezione molto importante, ci teniamo molto al mercato internazionale verso l’Oriente ma nello stesso tempo stiamo concretizzando altri tipi di mercato verso l’Europa: stiamo chiudendo degli accordi tra la Georgia e l’Armenia e stiamo in trattativa con Dubai. Il panorama internazionale si sta rafforzando sempre più e questo ci aiuta a mantenere una visione solida della nostra attività”.
Com’è dirigere una compagnia così importante come il Balletto di Roma che è ormai una realtà consolidata da tempo?
“È sicuramente difficilissimo. Ci sono tante professionalità che lavorano sulla parte formativa (a scuola abbiamo oltre 400 allievi, quindi sono tanti ragazzi da gestire e soddisfare dal punto di vista dell’apprendimento). Ci teniamo anche ad avere un consenso da parte delle famiglie che ci affidano i loro ragazzi che, molto spesso, arrivano da fuori regione quando sono ancora giovanissimi. Dobbiamo assisterli da ogni punto di vista, soprattutto nella fase della crescita. Il lavoro è lungo ma soddisfacente, alcuni ragazzi entrano a far parte della compagnia, altri sviluppano maggior maturità in età adulta.”
Come si articola il percorso di crescita artistica dei ballerini all’interno del Balletto di Roma?
“È una crescita di affiancamento alle loro esigenze. Cerchiamo di monitorarli, cercare di capire quali possono essere i loro giusti indirizzi e li affianchiamo verso quella che è la loro predisposizione. Nella danza si hanno dinamiche di possibilità molto diverse tra di loro. Il più delle volte la fisicità gioca un ruolo importante rispetto a quelle che sono le discipline più idonee a ciascun ballerino. Noi cerchiamo di creare un ambiente di studio e una formazione adeguati, aiutandoli nelle loro possibilità. Cerchiamo, quindi, di accompagnare lo studente verso una professione idonea. Questa, secondo me, è la cosa più importante che possa fare una scuola.”
Può anticiparci qualcosa sui prossimi progetti?
“Sicuramente il progetto in Cina è molto importante per noi e ci vedrà impegnati il prossimo settembre con le due produzioni più importanti, di cui abbiamo fatto già tantissime recite come “Giulietta e Romeo” che torna per il terzo anno in Cina.
Inoltre, vi è un altro capolavoro di Fabrizio Monteverde, cioè l’Otello che quest’anno viene riallestito e debutterà il 21 maggio al Teatro Regio di Parma. Tra le altre produzioni in debutto rientra “La Dernière Danse” che porteremo alla prima nazionale del 14 giugno in occasione del Ravenna Festival. Abbiamo anche tante altre iniziative che si dislocheranno su tutta l’Italia in collaborazione con i più importanti festival, rassegne e teatri presenti sul territorio italiano.”
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