Donne e Jihad. Percorsi di radicalizzazione, proselitismo e reclutamento”. ​​​​

La European Foundation for Democracy ha tenuto nel pomeriggio di oggi a Roma presso la Sala Conferenze dello Spazio Europa la presentazione del report “Donne e Jihad. Percorsi di radicalizzazione, proselitismo e reclutamento”.

L’incontro è stato aperto dalla Dr.ssa Roberta Bonazzi, Presidente dell’European Foundation for Democracy e moderato dal Dr. Francesco Farinelli, Direttore del Programma presso la Fondazione Europea per la Democrazia e membro del Radicalization Awareness Network (RAN) Expert Pool della Commissione europea. Le attività dell’European Foundation for Democracy si concentrano sulla lotta alla radicalizzazione, la sicurezza e la promozione dei valori europei della democrazia e delle libertà individuali.

Gli autori della ricerca sono Patrizia Manduchi Professore Associato, Università degli Studi di Cagliari, Nicola Melis Professore Associato, Università degli Studi di Cagliari, Enrico Colarossi Senior Analyst, European Foundation for Democracy, Francesco Bergoglio Errico Researcher, European Foundation for Democracy, Anna Maria Cossiga,Senior Analyst, European Foundation for Democracy,Anna Zizola Ricercatrice indipendente, analista politica e Policy Officer presso la Commissione europea.

All’incontro hanno partecipato come esperti del settore, Caterina Chinnici Membro del Parlamento europeo, Michele Brunelli Ricercatore universitario, Università degli Studi di BergamoAugusto Zaccariello Comandante del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, Cristina Caparesi Psicologa, membro del pool di esperti RAN.

Lo studio offre un’analisi storica e psico-antropologica dei percorsi di radicalizzazione delle donne all’interno dell’universo Jihadista tanto in termini storici quanto psico-antropologici.

Per la realizzazione della pubblicazione ci si è avvalsi di un’ampia lettura sul tema, compresa quella giuridica, arricchita da casi studio e da interviste.

La Presidente di European Foundation for Democracy, Dr.ssa Roberta Bonazzi, ha rivolto un ringraziamento particolare ai professionisti del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria che si occupano di terrorismo internazionale e di radicalizzazione violenta di natura confessionale e al loro Dirigente, Augusto Zaccariello, per la disponibilità offerta neldiscutere della tematica per quanto concerne la situazione nelle carceri Italiane. La loro disponibilità, competenza e professionalità è stata fondamentale e preziosa per la realizzazione dello studio ha aggiunto il dr. Dr. Francesco Farinelli.

Il Comandante Zaccariello, esperto della materia, nel corso del suo intervento ha posto in evidenza che per tenere lontana la minaccia della radicalizzazione violenta e di tutte le sue possibili conseguenze, atti terroristici compresi, il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria ha emanato diverse disposizioni in materia di prevenzione e contrasto alla radicalizzazione violenta e al proselitismo, dedicando particolare attenzione, per assolvere al mandato istituzionale della rieducazione e del recupero del detenuto, anche alle misure di disimpegno, inteso come programma di disindottrinamento che mira a ricondurre a un islam non estremista, che rifiuta l’azione violenta, senza pretendere la rinuncia ad un’ideologia radicale, oltre nei casi possibili anche ai programmi di deradicalizzazione che conducano all’abbandono dell’ideologia e della prassi terroristica in favore di una visione moderata, democratica e pluralista o comunque meno conflittuale. Oltre a ciò tra le diverse iniziative formative dirette ad ampliare la conoscenza tra gli operatori penitenziari, prima fra tutti la Polizia Penitenziaria che sta svolgendo un lavoro eccezionale in vari campi e anche in relazione alla prevenzione e al contrasto del fenomeno della radicalizzazione violenta in ambito penitenziario, ha ricordato il progetto europeo Transfer Radicalisation Approaches in Training -TRAinTRAINING-, di cui il Ministero della Giustizia, con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e della Giustizia minorile e di comunità, è stato capofila. Il progetto avviato per il DAP con la collaborazione del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria ha contribuito a rafforzare le capacità di comprendere e riconoscere i segnali che possono indicare un rischio di radicalizzazione violenta, attraverso l’apporto sinergico delle qualificate segnalazioni provenienti dal penitenziario. In questi giorni il Copasir si è interessato della minaccia approvando la Relazione al Parlamento su una più efficacia azione di contrasto al fenomeno della radicalizzazione Jihadista. Per le carceri, secondo i dati del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria, alla data del 15 ottobre scorso, i detenuti sottoposti a monitoraggio erano 313, suddivisi in base alla pericolosità su tre livelli: 142 di livello alto, 89 medio e 82 di livello basso.

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