di Francesco Rao
La dispersione scolastica, nell’insieme delle sue manifestazioni, ha spesso una radice ben delineata e proprio quest’ultima, di volta in volta, definisce l’evoluzione di una dinamica ben precisa nella personalità del discente. Quest’ultimo, oltre a vivere tale disagio, si ritrova anche privo di strumenti per governarlo. La reazione spontanea messa in atto, molte volte vorrebbe essere una vera e propria autodifesa, tanto per giustificarsi agli occhi dei docenti e dei genitori, quanto per giustificare il fallimento scolastico, destinato ad assumere una duplice: la prima afferente alla sfera personale personale con la conseguente perdita dell’autostima; la seconda invece estesa all’ambito pubblico animata dai docenti e della cerchia amicale.
Alla base di questa complessa dinamica, uno tra i migliori contributi che le scienze sociali possono offrire al mondo della Scuola è la ricerca. La sociologia, in particolare, non offre soluzioni in quanto è un termometro che misura la temperatura sociale. In questo specifico ambito, uno studio approfondito alle varie criticità vissute dai Giovani e potenzialmente assimilabili ad un’onda lunga dagli effetti imprevedibili, si traduce nella capacità e nella possibilità di anticipare la decisione del discente, propenso all’abbandono degli studi. Le strategie da mettere in campo potrebbero essere moltissime e variegate. In questa occasione, vorrei condividere una metodologia sviluppata ed applicata nell’arco di numerose collaborazioni in ambito scolastico. I risultati, seppur inizialmente vi era molta incredulità, sono stati davvero straordinari.
Quando uno studente o una studentessa sta per “perdersi” e come soluzione delle difficoltà sceglie di abbandonare la frequenza scolastica, vi sono moltissimi segnali emessi dai giovani che spesso non vengono ben decodificati ed accolti. I campanelli d’allarme sono rappresentati da assenze, uscite anticipate, ingresso in aula ritardato, mancato svolgimento dei compiti, manifestazioni violente, pseudo atteggiamenti di bullismo. Tutto ciò, viene praticato perchè è chiara intenzione di alimentare il livello della distrazione e bruciare il tempo. Ricordo un esperimento svolto con una classe -dopo aver comunicato a Dirigente scolastico, docenti e genitori, l’idea di videoregistrare le lezioni per poter quantificare il tempo di attività svolta identificando la percentuale di attività didattica svolta e le fasi di interruzione, dovute a varie motivazioni sollevate da alcuni componenti della classe. In quell’occasione rimasero tutti stupiti quando è stato rilevato dagli stessi che l’attività effettiva era del 20% contro un 80% di tempo bruciato. Ricordo che da quell’esperimento venne fuori una maturità ed una responsabilità che alcuni dei docenti coinvolti spesso ricorda ad altri studenti. Ebbene, offrire una nuova opportunità a quanti pensano di essere giunti al capolinea rappresenta l’assoluta positività dell’intervento, reso in modo tale da non essere inteso come alternativa e mettendo da parte l’idea del pregiudizio che spesso si riserva a quanti si preferirebbe lasciare a casa perchè in classe rappresentano il male assoluto.
Ricordando la pedagogia di don Lorenzo Milani, la condivisione di una nuova proposta metodologica, riconducibile ad una modalità definibile con il lessico giovanile “all inclusive” nella quale è previsto un percorso teso a recuperare il pregresso, ottimizzare le argomentazioni studiate in classe e riappropriarsi della propensione a guardare con rinnovata fiducia ed entusiasmo il successo scolastico, potrebbe essere quel famoso piano “B”, utile ad affrancare i Giovani dalla morsa della deprivazione culturale e della povertà educativa e contemporaneamente arginare la dispersione scolastica. Infine, questa procedura, potrebbe anche dara avvio a nuove eccellenze. Tutto ciò, raccontato da un sociologo di provincia, potrebbe apparire come una mirabolante utopia. In realtà, questo modello di lavoro è stato per circa 10 anni il mio alleato nel lavoro svolto presso alcune Scuola del mio territorio. La soddisfazione più bella è stata quella di veder ricredere lo studente e/o la studentessa sulla pregressa posizione assunta nella quale la frase ricorrente era sempre la stessa: “la scuola non fa al mio caso”.
Il contatto con gli studenti, l’opportunità di raccogliere questa tipologia di dati, per poi compararli, commentarli, sottoporli in visione ad altri Giovani e chiedendo loro quale empatia può generare uno dei fatti osservati, magari tentando di ripercorrere con attenzione e lucidità la strada della difficoltà, del silenzio, della solitudine vissuta da quanti vivono queste circostanze ed in esse avvertono le crescenti difficoltà nella mancata possibilità di stare al passo con gli argomenti studiati in classe, oppure perchè in occasione delle verifiche scritte non si raggiungono voti incoraggianti ed ancor peggio, quando l’interrogazione orale si trasforma in una tragedia personale, destinata di volta in volta a divenire l’ennesimo passo in avanti mosso con l’intenzione di conclamare il proprio fallimento scolastico.
Spesso – in tal senso è l’esperienza a fornirmi il dato- , gli studenti provati dal peso delle quotidiane difficoltà, accumulate giorno dopo giorno, per recuperare utilizzando il tempo senza un buon metodo di studio, tentando di memorizzare il programma svolto in un lasso di tempo brevissimo e sperando di poter ricordare tutto a memoria, all’atto dell’interrogazione cadono nella confusione, nelle ansie da prestazione e nell’improvviso panico dettato dall’immediata percezione dell’ennesimo fallimento al quale si aggiunge la vergogna provata al cospetto del docente, costretto a notificare la scarsa qualità del lavoro svolto con un voto bassissimo e lo sguardo di quei compagni di classe estranei a tali difficoltà, impegnati a vivere con spensieratezza ed ottimi voti la loro quotidianità scolastica. Giunti a questa fase, i discenti interessati a tale dinamica, rischiano di non riuscire più a recuperare e sono candidati alla bocciatura. Inoltre, il mancato conseguimento di risultati positivi, finirà per intaccare l’autostima accelerando la crescente propensione a non voler credere più in se stessi.
Purtroppo, il percorso di questi studenti viene ancor di più distrutto quando l’intervento dei genitori è mirato a risolvere di volta in volta le difficoltà del caso ricorrendo alla velocità della società dei consumi. Le criticità riscontrate da chi vive la Scuola non possono essere affrontate e risolte velocemente ma occorre verificare passo passo la preparazione e le conoscenze di chi vive il problema ed eventualmente “curare” le difficoltà con appositi percorsi di recupero che a mio avviso dovrebbero essere previste dal mondo della Scuola per tutta la durata dall’Anno Scolastico, senza dover esporre ad ulteriori costi le famiglie.
Proprio in questi casi, all’impreparazione dettata dalla mancanza di studio quotidiano, molti genitori, non accettano la realtà e spostano l’attenzione del problema presupponendo l’eventuale presenza di disturbi specifici dell’apprendimento. Sinceramente, se un ragazzo o una ragazza non legge e non scrive, la creatività ed il bagaglio lessicale non potrà acquisirlo perchè a casa sua c’è la migliore enciclopedia esposta come pertinenza del salone oppure perchè i genitori hanno sottoscritto costosissime connessioni internet con wi-fi all’avanguardia. Nella stessa circostanza, uno studente proveniente da un segmento sociale umile, che non ha mai visto un’enciclopedia e per connettersi utilizza il proprio telefono cellulare, con tutte le difficoltà possibili ed immaginabili, sarà destinato a ben altre soluzioni. Nel primo caso, la soluzione “d’ufficio” praticata vedrà il discente concludere il percorso di studi intrapreso, magari conseguendo un Diploma che sicuramente non offrirà competenze spendibili per affrontare studi universitari o trovare inserimento nel mondo del lavoro. Nel secondo caso, l’umiltà della famiglia ed il peso della povertà educativa ricadenti nel segmento familiare e l’assenza di appositi sistemi di tutela, nell’identico silenzio di sempre, vedrà malcapitato aggiungersi a quanti non potranno godere dei privilegi forniti dall’ascensore sociale che soltanto la Scuola mette a disposizione della nostra società.
Purtroppo, le realtà vissute dai tantissimi Giovani durante il loro percorso scolastico, soprattutto quando le difficoltà non vengono affrontate e superate in tempo, finiscono trasformarsi in una stratificazione di ostacoli e la loro presenza lungo il cammino della formazione sarà un muro. Ampliando lo sguardo dal micro al macro sistema, si potrà ben immaginare come il mancato ritorno della spesa investita dallo Stato a favore delle future generazioni oltre ad essere un costo rappresenterà il ritardo dell’Italia nello scacchiere geopolitico mondiale.
Seppur il mondo abbia un suo verso ed in tanti pensano sia impossibile intervenire per rivoluzionare tale andamento, vi sono ancora persone ed Istituzioni impegnate a credere nella bellezza delle opportunità che i Giovani culturalmente preparati potranno offrire al nostro Paese in futuro .
Proprio in questi giorni, insieme a Suor Anna Monia Alfieri, da sempre impegnata per garantire a tutti il diritto allo studio, stiamo somministrando un questionario volto ad incrementare lo studio su queste delicatissime tematiche. Il grafico riportato di seguito illustra una delle dinamiche prima accennate ed oggetto di studio privilegiato della nostra ricerca.
L’attuale fase ha ulteriormente aperto il divario Nord-Sud ma ha anche accentuato la deprivazione culturale e le povertà educative. In questo preciso momento storico, il pericolo dispersione scolastica è un problema nazionale che non può e non dovrebbe essere collocato in secondo piano dai decisori politici. Mentre l’attenzione cresce per governare la pandemia, non si pensa o non si vuole pensare ai risvolti che l’Italia vivrà tra 10-15 anni, quando il ricambio generazionale subentrerà all’attuale classe dirigente e l’esclusione sociale metterà a dura prova il bilancio dello Stato.
E’ nostra intenzione lavorare intensamente affinché quanto descritto possa diventare elemento di valutazione del futuro Governo e attraverso apposite politiche possano essere intercettati preventivamente tutte quelle difficoltà scolastiche vissute dai Giovani che nella nostra ricerca hanno visto come risposta “qualche volta” e “spesso” raggiungere oltre l’80% degli intervistati a fronte della domanda riportata nella parte superiore del grafico.
Per poter avere un quadro migliore del fenomeno osservato per noi è fondamentale raggiungere il più alto numero possibile di studenti. Grazie alle loro risposte sarà possibile elaborare una serie di attività. Oggi il dato della dispersione scolastica non è un dato felice e le attuali percentuale di Giovani inclusi nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni che nel 2019 hanno abbandonato precocemente l’istruzione e la formazione rappresentano il 13,5 %. Il tasso di abbandono scolastico in Italia resta ben al di sopra della media UE del 10,2 % e si situa a notevole distanza dal parametro di riferimento UE 2020 del 10 %. Tra le regioni i tassi variano in modo considerevole, dal 9,6 % nel Nord-Est al 16,7 % nel Sud. Infine, dalla lettura dei dati nazionali, emerge un altro dato inquietante di particolare preoccupazione: i ragazzi sono esposti ad una più alta probabilità delle ragazze di abbandonare precocemente la scuola, la percentuale in questo caso è il 15,4 % contro l’11,3 %.
Infine, quanti volessero sostenere la nostra ricerca potranno utilizzare il link di colore rosso per la compilazione del questionario
https://forms.gle/TKsh3BxHgGpnKAZY8
Per coinvolgere amici e conoscenti basterà inviare la stringa del link, anche tramite whatsapp, ai propri amici purché siano presenti all’interno del nucleo familiare figli in atto studenti. Per divulgare questa iniziativa basterà copiare il link ed incollarlo sui propri profilo social, rivolgendo ai propri amici l’invito a farlo compilare ai loro figli ed eventualmente divulgarlo ulteriormente ad altri amici.
* Dr. Francesco Rao – Presidente Dipartimento Calabria ANS Sociologi
361 Visite totali, 1 visite odierne