Mes in Italia, chi vince e chi perde

di Michel Emi Maritato

Un sicuro vantaggio per i tassi convenienti ma insidie nascoste legate a condizionalità e verifiche

Mes in Italia, croce e delizia del governo in carica, grandi interrogativi per i cittadini. Chi ci guadagna? Ė veramente un’occasione da non perdere per il nostro Paese? Non è semplice rispondere a tale quesito che quotidianamente si affaccia tra la collettività, i mezzi di comunicazione e le forze politiche. Proviamo a comprendere cosa contiene il pacchetto offerto dalla nuova linea di credito. Premettiamo che l’Italia non è la Grecia e se andassimo a rotoli noi non sarebbe conveniente per nessuno. Per questo la Ue un occhio di riguardo dovrebbe averlo. Frau Merkel è stata chiara: “investimenti certi” e noi andremo a valutare tutti i risvolti contenuti in tale affermazione. La concessione del prestito è una disputa più che economica, tutta politica. Le condizionalità esistono ma non riguardano solo il Mes. Anche il Recovery Fund – una pioggia di miliardi di cui una parte in prestito, l’altra a fondo perduto – sostenuto dagli oppositori del Mes e caldeggiato dallo stesso presidente del Consiglio, prevede rigide condizionalità, riforme di tutto il sistema Paese, dall’ecologia alla giustizia passando per gli investimenti economici e la riconversione ambientale. Ma torniamo a questo “nuovo prodotto” previsto dal Mes, denominato “Supporto per crisi pandemica”. Si tratta di una nuova linea di credito inserita nella cornice madre, ovvero quel Regolamento numero 472 del 2013 del Consiglio dell’Unione europea che all’articolo 13 comma 3 contempla l’obbligo di condizionalità. Una previsione mai rinnegata ma ribadita dai documenti esistenti e dagli accordi esibiti. L’offerta al nostro Paese è dell’8 maggio 2020, nel documento pubblicato si evidenzia che l’unica condizione di accesso alla linea di credito sarà “l’impegno del Paese richiedente a utilizzare le risorse per supportare il finanziamento di costi sanitari diretti e indiretti, cura e prevenzione legati alla crisi da Covid-19”. Non è un impegno da poco, considerando la condizione della nostra sanità, ottima rispetto a molti paesi ma con una offerta che varia a macchia di leopardo tra una regione e l’altra. Il prestito di 36 miliardi, secondo gli esperti ci farebbe risparmiare 500 milioni l’anno (lo 0,0003% del Pil e lo 0,008% della spesa per interessi annuale). La linea di credito del Mes al momento, dovrebbe proporre un interesse pari allo 0,08% a dieci anni. Su 36 miliardi di euro si arriva a circa 29 milioni l’anno. Se il Ministero dell’Economia volesse emettere 36 miliardi di euro di Btp, sempre a dieci anni, il tasso si aggirerebbe attualmente poco sotto l’1,3% ovvero circa 470 milioni l’anno (530 milioni se il tasso tornasse a 1,47%). Occorre rilevare che il tasso di un Btp, una volta emesso, resta fisso fino a scadenza mentre quello del Mes è una variabile trimestrale a seconda delle condizioni di mercato: il risparmio di 500 milioni l’anno presenta quindi una condizione aleatoria. Ma veniamo agli inevitabili e giustificati monitoraggi post-elargizione, a cui lo Stato membro sarà soggetto finché non avrà restituito il 75% dei fondi, considerato che la durata massima del prestito è prevista in dieci anni. Nulla esclude che la Commissione europea non possa proporre ulteriori misure correttive, in un primo momento non previste nei documenti di richiesta. Difficile escludere a priori che da qui al 2030, con debito al 160% del Pil, Mes e Ue non possano avanzare dubbi sulla sostenibilità dei conti italiani. “Alla fine della crisi Covid-19 i Paesi rimarranno impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari”, prevede il dispositivo presentato l’8 maggio scorso. E in tali parole è racchiuso tutto un programma. In sintesi: da una parte il risparmio – in condizioni aleatorie – di 500 milioni di euro di interessi annui, dall’altra scenari imprevedibili cui potrebbero condurre i molteplici trattati e regolamenti Ue mai modificati. Il dibattito se accettare o meno la nuova linea di credito continua a dividere governo e parlamento e ad allarmare un’opinione pubblica in cerca di certezze, dopo lo scossone destabilizzante della pandemia e del lockdown.

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