di Michel Emi Maritato
L’assistenza sociosanitaria ripresa solo sulla carta. La Regione Lazio “scarica sui Comuni”
Disabili e anziani: queste fasce di fragilità non riemergono dal lockdown. Gli utenti più in difficoltà della Regione Lazio, quelli da mettere al centro del dibattito sull’assistenza sociosanitaria, sono coloro che hanno subito le maggiori conseguenze della pandemia, perché a tutt’oggi sono ancora confinati. Non c’è traccia di adeguate azioni che l’amministrazione regionale dovrebbe intraprendere per un ritorno alla ‘vita pre-Covid’ e per un recupero delle abilità acquisite, che ormai si vanno perdendo. Dopo mille sollecitazioni all’ente locale, sembrava avviata la riapertura dei centri sociosanitari con la ripresa delle attività socioassistenziali; in realtà tale riavvio è avvenuto solo sulla carta con fruibilità praticamente nulla e i problemi continuano a gravare, come al solito, sulle famiglie. Sono tuttora ignorati aspetti quali quelli dei tirocini, dell’inserimento lavorativo, delle attività scolastiche, dei trasporti e dell’isolamento degli utenti residenziali, sia per l’utenza con disabilità che per quella con problematiche relative alla salute mentale. Analoga situazione vale per le Rsa, residenze sanitarie assistenziali, nell’occhio del ciclone durante la pandemia, per la facilità di diffusione dei contagi e, purtroppo, per i numerosi decessi che sono stati registrati nel Lazio. Una regione deficitaria nel campo delle politiche sanitarie pubbliche per gli anziani. Le Rsa del Lazio nell’emergenza Covid non hanno retto bene, sebbene dall’assessorato regionale arrivino parole rassicuranti, raccolte dalla maggior parte dei media che mai insinuano il beneficio del dubbio. Le nostre residenze assistenziali, in realtà, più che offrire cure ad ampio spettro, sono state impostate per custodire, somministrare medicinali, prestare quella minima attenzione senza offrire il benché minimo conforto per migliorare la qualità di vita dei nostri anziani. Completamente in mano ai privati, tali strutture sono sempre realizzate in luoghi decentrati e non è un caso. Questo spiegherebbe, in parte, la carenza di controlli e offrirebbe una giustificazione sulle motivazioni per cui il potenziamento della sanità territoriale non sarebbe tra i temi centrali all’attenzione della Regione. Le persone fragili, e con loro le famiglie, sono allo stremo, per questo motivo si sono mobilitate le associazioni di tutela, le consulte sulla disabilità e i gruppi di ascolto, anche in previsione dell’avvio soggiorni estivi per cui mancano precise direttive regionali, favorendo una gestione difforme tra le Asl, con la possibilità che si determinino gravi disomogeneità. Insomma una gestione a macchia di leopardo, che crea scontento e scompiglio nelle famiglie che non sanno a quale santo votarsi. Secondo i rappresentanti delle Consulte regionali e cittadine e le associazioni di tutela, “tale stato di cose si protrae da troppo tempo, sicuramente da prima della epidemia e denota la totale assenza da parte delle istituzioni, di un interesse a governare una situazione di estrema delicatezza”. “Persino Regioni più martoriate della nostra – incalzano i familiari degli assistiti – in cui il Covid-19 ha colpito con veemenza, hanno ripreso con le dovute cautele le attività per i disabili, per scongiurare passi indietro nella terapia”.
Il ritardo nella ripresa delle attività assistenziali sociosanitarie, sta producendo difficoltà sia per i disabili che per i soggetti affetti da problematiche relative alla salute mentale. “Da troppo tempo sono attesi provvedimenti per una effettiva integrazione sociosanitaria, che la Regione Lazio continua inspiegabilmente a rinviare nel tempo”, ci spiega l’anziana mamma di un assistito.
Ulteriore preoccupazione è costituita dalla assenza di una precisa regolamentazione sul cosiddetto “Budget di salute” che l’amministrazione Zingaretti sta sperimentando da anni e sul quale non sembra si riesca a mettere un punto fermo. La conseguenza sarebbe un continuo rimando che la Regione Lazio starebbe attuando sul “Dopo di noi” – la legge in aiuto di disabili che hanno perso i genitori – demandando a iniziative comunali i propri compiti. Insomma, accusano i familiari “il solito scaricabarile” che crea difficoltà e alimenta disomogeneità tra i territori e lasciando spazio a discutibili applicazioni della Legge. “La vita delle persone fragili non può essere affidata a interventi improvvisati ma richiede un paziente e faticoso lavoro di confronto e condivisione, cosa che fino a oggi non si è verificata”. La richiesta è l’attivazione di un tavolo di confronto permanente.
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