Eccolo, il tanto desiderato vento del cambiamento è arrivato. Sì, a Roma è arrivato e ha soffiato via la mia vita. “ Senza “se” e senza “ma”, il cambiamento deve andare avanti, si tiene la barra dritta e non si arretra di un millimetro.” Così è stato detto, così è stato fatto, senza pensare che tra quei “se” e quei “ma” c’era la
vita di oltre mille famiglie (almeno 4000 persone). Così sono arrivate le mie lacrime, lacrime di rabbia e
amarezza, le lacrime di chi crede ma, soprattutto, sa di essere nel giusto. Rimangono solo tanti ricordi, il
presente è triste, il futuro che vedevo qualche anno fa non c’è più. Tutto è finito, tutto è cambiato,
cancellato con un colpo di spugna. Ho paura, tanta, per me, per la mia famiglia. Non è giusto quello che
stanno facendo, non è giusto fare di tutta l’erba un fascio.
IO NON MERITO DI ESSERE TRATTATO COSI. Io che ho sempre rispettato le regole, pagato regolarmente le tasse, ho tenuto sempre pulita la postazione a me assegnata. La mia attività che vanta più di cento anni di storia, ridotta a poco più di niente. Io sono una
di quelle piccolissime imprese di cui tanto si parla, quelle che costituiscono l’ossatura dell’imprenditoria
italiana, quelle che devono essere tutelate per far ripartire il paese. Ebbene sì, nei fatti quella stessa
impresa che l’amministrazione della capitale sta facendo morire giorno dopo giorno, provvedimento dopo
provvedimento. Tutti devono sapere cosa sta avvenendo a Roma. La piccolissima attività di commerciante
ambulante della quale sono titolare, una delle storiche rotazioni, precisamente la “A”, che dal primo
dopoguerra e fino a pochi mesi fa era presente in modo capillare sul territorio romano, lungo le sue strade,
tra i suoi vicoli tra la gente e per la gente, rischia di soccombere a causa di discutibili delocalizzazioni e,
incredibile ma vero, a causa di una proposta di delibera che sembra rifarsi alla Bolkestein. Ora tenetevi
forte: l’ultima trovata dell’amministrazione capitolina è quella di sostituire le nostre licenze a “rotazione”
con concessioni a “posteggio fisso.”Ci sentiamo ingannati e traditi da chi, qualche mese fa, ci rassicurava
che i nostri titoli non sarebbero stati toccati. Però dobbiamo essere comprensivi: sono costretti a farlo
poiché sono moltissimi i posteggi in tutta la città e, la rotazione degli stessi, provoca grandi difficoltà per
l’accertamento dei principi di legalità e trasparenza. C’è il rischio reale che soprattutto ai piani più alti si
faccia una gran confusione tra titolari, non titolari, affittuari, turnazioni etc. Per correttezza vi informo che,
durante i sopralluoghi per queste benedette delocalizzazioni, si confondevano addirittura i posteggi degli
abusivi con quelli dei regolari. Quindi le nostre tanto amate “rotazioni” sono destinate a subire una sorte di
metamorfosi Kafkiana: verranno sostituite con concessioni a posto fisso, da individuare o all’interno dei
mercati (devo segnalarvi, però, che i molti posti liberi sono tali poiché altri prima di noi hanno già chiuso) o
in posteggi isolati fissi, la cui sola definizione la dice tutta sul gran numero di persone che frequentano
queste strade, vie, piazze. Mah! Ora la domanda sorge spontanea: in posti isolati, io che ci vado a fare? A
incassare dieci o venti euro io non vado. La dignità, quella del famoso decreto, io, noi, ancora l’abbiamo.
Dietro ogni licenza si dimentica con troppa facilità che ci sono le famiglie, i loro mutui, i bambini da fare
grandi, a volte, purtroppo, anche spese mediche costose e importanti . Noi, brutti regolari, siamo stati
delocalizzati e allora i poveri abusivi, per tenere il passo, si stanno già delocalizzando, a loro volta, sulle
nostre vecchie postazioni, sicuramente migliori dal punto di vista commerciale. Tutti hanno il diritto di
lavorare, ci mancherebbe altro! Evviva la legalità, la trasparenza e l’onestà! Noi, invece siamo gli
indecorosi, i vandali che occupano marciapiedi, che non sono in regola con il codice della strada, quelli che
non rispettano la giusta distanza tra il marciapiede e il palazzo. Meglio gli abusivi che utilizzano quattro
cartoni a terra per sistemare la loro preziosa merce e che appena sentono lontanamente odore di controlli,
in men che non si dica, lasciano libere piazze e vie. Agli abusivi di Piazza Navona io darei addirittura un
premio: non poggiano la merce a terra ma sono organizzati in modo da tenere tutto sulle mani e, i più
volenterosi, hanno zaini o buste dove custodiscono altri colori o modelli delle merci oggetto di
compravendita. La clientela va sempre soddisfatta! Io, personalmente, non mi sento indecoroso, ma
sicuramente non me ne accorgo. Voi che dite? Tengo il mio furgone pulitissimo e i teli del mio banco di un
bel velluto rosso vengono lavati una volta a settimana. Mi impegno ad allestire la mia bancarella di borse e
portafogli nel migliore dei modi, cerco di essere gentile e sorridente con romani e turisti. Io amo il mio
lavoro; io amo Roma che mi ha adottato più di trent’anni fa e mi ha reso felice. Qui sono nate e cresciute le
mie figlie. Come uomo forse avrei già mollato, ma come papà no. Non posso permetterlo; ci sono i loro
studi, i loro sogni, il loro sorriso. Questa situazione mi mette paura, i colleghi, prima amici e poi colleghi,
sono disperati, siamo ad un passo dal fallimento, non solo di un’azienda ma di una vita intera fatta di
sacrifici e tanta fatica. Sono spaventato perché quando tutte le vie d’uscita vengono chiuse, si può provare
anche a sfondare un muro.
Sempre fiero di essere un ambulante,
Alfredo Patitucci
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